Gli anni Ottanta

Gli anni Ottanta: crisi, trasformazioni, speranze e illusioni 
La lezione di Stefano Folli alla Scuola di Formazione Politica “Conoscere per decidere” 2025

Gli anni Ottanta sono stati un passaggio fondamentale, un decennio complesso e sfaccettato, difficile da interpretare nelle sue molteplici dinamiche. Secondo l’ormai celebre formula dello storico Eric Hobsbawm, furono, prima di tutto, la conclusione del “secolo breve”. Con queste parole Stefano Folli ha aperto la sua lezione alla Scuola di Formazione Politica “Conoscere per decidere” 2025, un percorso formativo dedicato all’analisi delle trasformazioni storiche e politiche che hanno segnato il passaggio dalla Prima Repubblica all’età contemporanea.

Folli ha sottolineato come, almeno in apparenza, nella prima metà del decennio le istituzioni italiane sembrassero reggere: l’ingresso al governo di forze come PSI e PRI mostrava un sistema ancora capace di assorbire cambiamenti. Ma quella stabilità si rivelerà solo superficiale. La frattura profonda emergerà infatti nei primi anni Novanta, con Tangentopoli, che segnerà il tracollo definitivo dei partiti di massa e la fine dell’equilibrio politico plasmato dalla Guerra fredda.

Lungo il corso del decennio, però, si avvertono segnali sempre più evidenti della crisi del modello sovietico: il richiamo ideale all’URSS si affievolisce ulteriormente e molti partiti comunisti europei intensificano un percorso di distacco già avviato da tempo. Tra i protagonisti di questo processo vi è Enrico Berlinguer, che contribuì a consolidare e rendere più esplicita una “via europea al comunismo”, democratica e autonoma. Una riflessione che si era rafforzata già alla luce della vicenda cilena: il colpo di Stato del 1973, sostenuto dagli Stati Uniti, e la fine tragica del governo democratico di Salvador Allende confermarono nel PCI la convinzione che il socialismo potesse e dovesse affermarsi solo attraverso strumenti democratici, in piena indipendenza tanto da Mosca quanto da Washington.

Sul piano interno, in quegli stessi anni, si colloca anche il traumatico episodio del referendum sulla scala mobile del 1985. Il PCI, che si era opposto alla riduzione dell’indicizzazione automatica dei salari, subì una netta sconfitta. La battaglia era stata avviata mentre Enrico Berlinguer era ancora segretario del partito, prima della sua morte, avvenuta nel giugno 1984. Secondo alcuni studiosi, ha osservato Folli, la tensione politica che accompagnò quella fase lasciò segni profondi anche sul piano personale, contribuendo al logoramento che caratterizzò l’ultima parte della sua vita. Politicamente, il risultato del referendum rappresentò una svolta nei rapporti tra Stato, sindacati e imprese, aprendo una nuova fase ispirata ai paradigmi del neoliberismo anglosassone incarnato da Margaret Thatcher e Ronald Reagan.

Ampio spazio è stato poi dedicato ai tentativi di riforma istituzionale in quegli anni. La Commissione bicamerale Bozzi (1983-1985) rappresentò il primo tentativo serio di razionalizzare il sistema politico italiano, con proposte articolate, come la riduzione del numero dei parlamentari. Ma l’iniziativa fallì per l’assenza, allora, di una piena consapevolezza politica della crisi in atto. Più avanzata fu la Commissione D’Alema sul finire degli anni Novanta, che arrivò vicina a un’intesa, ma si arenò a causa di divergenze decisive: da un lato, il centrodestra – forte nei sondaggi – non vedeva più convenienza in una riforma condivisa; dall’altro, settori della sinistra temevano gli effetti di un’eventuale riforma della giustizia. Da allora, ha osservato Folli, non si è più registrato uno sforzo costituente dello stesso respiro. Le proposte attuali, come quella sul premierato, appaiono fragili e prive di una visione organica.

Parallelamente, il decennio registra l’emergere di un crescente scollamento tra cittadini e partiti tradizionali. L’elezione di Umberto Bossi al Senato nel 1987 – il “Senatur” – segna la comparsa, sulla scena nazionale, di un sentimento anti-romano e anti-sistema. È il segnale di una frattura destinata ad ampliarsi nei decenni successivi, con l’ascesa di diversi movimenti populisti, non solo il Movimento 5 Stelle. Un’ondata trasversale che ha attraversato gli schieramenti politici, alimentata da un reale senso di smarrimento e dalla percezione di una rappresentanza politica sempre meno efficace.

Anche l’economia riflette le contraddizioni del tempo. L’Italia entra nel decennio con un’inflazione intorno al 20% – un livello che minaccia la tenuta del tessuto industriale. Si adottano allora misure di contenimento che, se da un lato stabilizzano i conti, dall’altro non riescono a risolvere problemi strutturali: bassi salari, scarsa produttività e crescente perdita di competitività. La successiva adesione alla moneta unica – preparata già negli anni Ottanta anche grazie all’impegno di figure come Carlo Azeglio Ciampi – rappresenta una svolta importante verso l’integrazione europea. Ma se l’euro ha garantito stabilità monetaria, è l’Italia a non essere riuscita a coglierne pienamente le opportunità, pagando il prezzo di un ritardo nella modernizzazione del sistema produttivo.

Questo denso decennio si chiude con la caduta del Muro di Berlino nel 1989, accolta in Europa con entusiasmo. Folli ha ricordato come, in quel breve momento di apertura, si sia ventilata persino – a livello informale – l’ipotesi di un ingresso della Russia nella NATO. Un segnale dell’ottimismo che si respirava, ma anche dell’illusione che l’Occidente avesse vinto su tutta la linea. Un’illusione presto smentita: le contraddizioni sono riemerse negli anni successivi, e oggi, tra dazi, nuove instabilità geopolitiche e una destra americana – incarnata da Donald Trump – che appare del tutto estranea al conservatorismo tradizionale, quella fase di apparente trionfo si rivela per ciò che era: una transizione incompiuta, attraversata da tensioni rimaste irrisolte.

Gli anni Ottanta, ha concluso il nostro Ospite, sono un decennio “gioioso e problematico”, che segna lo spartiacque tra Novecento e nuovo millennio. È lì che iniziano molte delle domande – spesso ancora senza risposta – che continuano ad attraversare il nostro tempo.

La lezione si è conclusa con un intenso dialogo tra gli iscritti alla scuola e Stefano Folli. Nel pomeriggio si sono invece svolti i lavori di gruppo, a partire dai documenti di approfondimento sugli anni ’80 proposti dal professor Mattia Granata, attorno a due domande centrali che hanno guidato il confronto tra i partecipanti.

Domanda 1
Negli anni ’80 si cerca di rispondere alla crisi della rappresentanza politica attraverso riforme che mirano a rendere il sistema “più decidente”. La Commissione bicamerale Bozzi discute interventi come la riduzione del numero dei parlamentari, la riforma del sistema elettorale, la revisione del procedimento legislativo, il rafforzamento del ruolo del Presidente del Consiglio.
Alla luce delle sfide attuali (astensionismo, partiti personali, polarizzazione), pensate che sia ancora attuale l'idea di una “democrazia decidente”?  E oggi, quale sistema elettorale vi sembra più adatto per reagire all’astensionismo, rafforzare la rappresentanza e garantire la governabilità?

Domanda 2
Negli anni ’80 si manifestano numerosi segnali di crisi del sistema politico e partitico della Repubblica italiana, legati tanto a vicissitudini interne quanto al mutato contesto internazionale, che porranno fine all’equilibrio costruito nel Secondo dopoguerra.
Quali sono, secondo voi, le cause di questa crisi che porterà all'esaurimento del sistema politico della Prima Repubblica?