Martedì 02 febbraio, h 17.30
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La costruzione identitaria collettiva passa spesso attraverso il corpo e i desideri, più che attraverso la memoria e la condivisione di confini territoriali. Così avviene fra i discendenti degli africani deportati in Giamaica che compongono la loro immagine attraverso un costante (ri)assemblaggio creativo di invenzioni spirituali, artistiche e linguistiche, utilizzando (o reinventando) la loro eredità ancestrale come forma di resistenza al potere coloniale e schiavista. Le coscienze postcoloniali giamaicane e della diaspora, sebbene segnate da violente contraddizioni, mettono in atto strategie culturali in cui l’inclusione del diverso, dell’altro, dell’oltremondano, del plurale e dell’ibrido sono passaggi fondamentali della costruzione del sé. Come spiegherà Eugenio Giorgianni, questa forma di “organicità digitale”, propria ad altre forme di espressione postcoloniali transatlantiche come l’afrofuturismo e la musica popolare dell’Africa Centrale, ci mostra un modo di concepire i corpi sociali e la storia oltre le identità, ed esprime la potenza rivoluzionaria e trasformativa insita nelle esperienze transculturali.
Marie Moïse rifletterà su come anche nelle immagini e nella presa di parola in prima persona che caratterizzano "Black mother" riecheggiano le memorie della piantagione e il lascito di un sistema di sfruttamento schiavile che al centro della sua riproduzione ha posto le donne. Messo a lungo in ombra, in una ricostruzione della schiavitù tutta al maschile, il ruolo delle donne fatte schiave è stato centrale nel funzionamento del regime di piantagione, e ancor di più nei processi di liberazione e di resistenza. Sono le stesse discendenti di quelle schiave sopravvissute ad aver dato corpo a una produzione teorica e politica, definita femminismo nero, o afrofemminismo. Le immagini e le voci del film "Black mother" richiamano una storia di violenza schiavile e razziale, ma anche di resistenza e lotta, che non può dirsi lontana nel tempo e tantomeno nello spazio. Anche l'Italia infatti può essere letta come società attraversata dalle memorie della schiavitù, della colonizzazione, e da forme specifiche di oppressione all'intersezione di genere, razza e classe, sulle quali struttura il proprio funzionamento.
Eugenio Giorgianni è un antropologo visuale, membro del Big Tree Collective. Si è dottorato in Etnomusicologia alla Royal Holloway, University of London con un progetto di ricerca sulla dimensione spirituale e politica delle “risonanze gioiose” della musica della diaspora congolese in Europa, attraverso la realizzazione di videoclip collaborativi con gli artisti congolesi. Ha condotto ricerche audiovisuali su musica, migrazioni e antropologia urbana in Italia, Spagna, Marocco, Inghilterra e Repubblica Democratica del Congo.
Marie Moïse è dottoranda in Filosofia politica, redattrice per la rivista Jacobin Italia e Associated expert per Razzismo Brutta Storia (Feltrinelli). Scrive di razzismo e oppressione di genere da una prospettiva femminista decoloniale. È coautrice di Future. Il domani narrato delle voci di oggi a cura di Igiaba Scego (effequ) e di Introduzione ai femminismi, a cura di Anna Curcio, (DeriveApprodi) con il saggio Black feminism. Ha co-tradotto per Edizioni Alegre Donne, razza e classe di Angela Davis e Femonazionalismo. Il razzismo nel nome delle donne di Sara Farris. Attivista dello spazio Ri-Make bene comune alla periferia di Milano, si occupa dei progetti di mutuo soccorso tra donne e abitanti del quartiere per la cura condivisa dei bambini e l'autodifesa sindacale.
Coordina Pietro Cingolani (docente di Antropologia dei Media presso l’Università degli Studi di Torino e collaboratore di FIERI - Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione)
Secondo dei quattro talk di approfondimento previsti, a cadenza mensile, sui temi dei lungometraggi proposti da "CFF online presenta..." curati da Pietro Cingolani, insieme a Francesco Giai Via, direttore artistico di CFF, che dialogheranno con studiosi, operatori e attivisti.
I panel sono organizzati in collaborazione con con FIERI – Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione, Università degli Studi di Cagliari e ANPIA – Associazione Nazionale Professionale Italiana di Antropologia.