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La genesi del film è, come spesso capita quando si tratta di Leone, avvolta anch’essa in una terra di mezzo tra il mito e la leggenda metropolitana. Secondo lo sceneggiatore Luciano Vincenzoni, fu lui a improvvisare quello che oggi chiameremmo un pitch, con gli americani della United Artists. Sergio Donati, storico collaboratore di Sergio Leone, pur se quasi mai accreditato – e autore di un gustoso libretto di memorie dal titolo C’era una volta il west (e c’ero anch’io) –, racconta un’altra versione che sminuisce i meriti di Vincenzoni. Sergio Leone, da parte sua, ha sempre sostenuto che la trilogia del dollaro fosse stata pensata come una trilogia fin dall’inizio (certo, se il primo film fosse andato male non se ne sarebbe fatto niente, ma andò in tutt’altro modo), e che il nucleo narrativo de Il buono, il brutto, il cattivo, gli venne in mente mentre rifletteva sulla storia e sulle motivazioni dei personaggi di Per qualche dollaro in più. La differenza sostanziale, rispetto ai primi due film, è che ora Leone poteva fare il film che voleva, senza problemi di budget e con il massimo della libertà creativa. Il successo commerciale dei primi due western l’aveva resto ricco e libero.
In ogni caso, l’idea iniziale, quella di tre manigoldi che inseguono un tesoro durante la Guerra Civile Americana, rimase. I tre sono "Sentenza", un assassino a pagamento, un bounty killer soprannominato "il Biondo" e il fuorilegge messicano "Tuco". Questi ultimi due hanno formato una strana società: il Biondo consegna Tuco alla giustizia, riscuote la taglia e poi lo libera un attimo prima dell'impiccagione sparando alla corda. Su proposta di Vincenzoni entrarono nel team di scrittura Age e Scarpelli, i grandi autori della commedia all’italiana. La collaborazione fu un disastro. Del contributo dei due sceneggiatori, nel copione definitivo, non rimase quasi niente. Anche Vincenzoni litigò con Leone e abbandonò il progetto. Insomma, Sergio Leone a parte, il contributo maggiore alla sceneggiatura del film la diede l’unico non accreditato, cioè Sergio Donati, che verrà ripagato con la firma dello script di C’era una volta il West.
TITOLI DI TESTA
Per quanto riguarda il cast, Leone volle confermare i due protagonisti di Per qualche dollaro in più, cioè Clint Eastwood e Lee Van Cleef, rispettivamente il “buono” e il “cattivo”, "il Biondo" e "Sentenza". Il ruolo di Tuco avrebbe voluto interpretarlo Gian Maria Volonté, che già era stato il volto dei villain dei due film precedenti, Ramòn e Indio. Ma Leone non era convinto, a suo parere ne avrebbe fatto un personaggio troppo nevrotico. Volonté non la prese bene, ma i rapporti con il regista rimasero buoni. Alla fine, Leone scelse sorprendentemente Eli Wallach, fino ad allora impiegato in parti drammatiche, anche in teatro. Ma il regista romano riconobbe in lui un naturale talento comico, quasi chapliniano, che raccontò aver intuito in una sola scena, anzi in un solo gesto, che l’attore aveva fatto nel film La conquista del West (1962).
La sequenza più complicata da realizzare, e anche la più rischiosa, fu quella dell’esplosione del ponte di Longstone. Innanzitutto fu necessario costruire una diga per riportare l’acqua del fiume al livello giusto, visto che tra il giorno del sopralluogo e quello delle riprese si era “asciugato”. Ma quello fu il meno. Sergio Donati racconta che Leone fece veramente costruire il ponte, transitabile e lungo quaranta metri. L’esplosione doveva essere curata da tale Baciucchi, il miglior artificiere del cinema di allora, che però non aveva mai avuto a che fare con un botto così grosso, e non riusciva a far saltare il ponte tutto in una volta come voleva Leone. Allora ci si rivolse all’esercito spagnolo, e arrivò un colonnello con una squadra di specialisti. Per riprendere l’esplosione erano state piazzate dodici cineprese. Ma il ponte saltò una decina di secondi prima di quando doveva farlo. «Il colonnello aveva scambiato chissà quale parolaccia per il segnale convenuto e aveva premuto il pulsante», racconta divertito Donati. Le cineprese, azionate in tutta fretta, riuscirono a riprendere solo la caduta dei rottami. L’esercito spagnolo dovette ricostruire il ponte in una notte, e la mattina seguente si ripeté la scena. La prima esplosione era venuta meglio, tant’è che nel montaggio del film le inquadrature della ricaduta delle macerie sono prese dalle riprese del giorno prima. Come se non bastasse, sia Wallach che Eastwood rischiarono di essere travolti dall’esplosione. Fu Eastwood a insistere col regista perché i due attori si sistemassero in un posizione più sicura: «Se io e Wallach ci fossimo trovati nel punto stabilito da Leone, con tutta probabilità non sarei qui a raccontarvelo». Nonostante questo, guardando con attenzione la sequenza si può notare come un grosso frammento di pietra passi a circa un metro di distanza da Eastwood…
Il film fu uno strepitoso successo in tutto il mondo, registrando incassi notevoli. Ancora adesso è molto amato, è stato spesso nelle prime dieci posizioni della IMDB “Top 250” (attualmente è tredicesimo, primo western e primo film non americano), e totalizza ben il 97% di gradimento su Rotten Tomatoes. È il film preferito di Quentin Tarantino, ed è amatissimo da molti altri registi. La sequenza del “triello” finale è studiata fotogramma per fotogramma in tutte le scuole di cinema del mondo. La colonna sonora è diventata così iconica da essere spesso scelta da gruppi rock come opening dei concerti (Ramones e Metallica, per citarne solo due).
Live Copenhagen 2009
Da parte sua, Eli Wallach è sopravvissuto alla realizzazione del film, tanto da morire serenamente nel suo letto a 98 anni, nel 2014.