The Dead Zone

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È il 23 luglio 1982 quando all’Indiana Dunes National Park, a 65 km a nord di Los Angeles, in California, durante le riprese di Twilight Zone: The Movie - Ai confini della realtà, perdono la vita l’attore e regista statunitense Vic Morrow e le due piccole comparse Myca Dihn Lee e Renee Shin-Yi Chen. 

Steven Spielberg ha deciso di riportare sul grande schermo una delle serie televisive più rivoluzionarie dei primi anni Sessanta: The Twilight Zone, ideata dallo sceneggiatore Rod Serling e scritta in collaborazione con i suoi “gremlins”, come amava chiamare i membri dell’eccellente team di scrittori da lui reclutati: Charles Beaumont, Richard Matheson, George Clayton Johnson e Jerry Sohl. La serie - prodotta dalla CBS e andata in onda dal 1959 al 1964 - era decisamente in anticipo sui tempi, dato che per la prima volta si proponevano in TV storie di fantascienza, materia considerata sino ad allora poco adatta agli spettatori degli show trasmessi in prima serata dalla televisione americana. Ma i 156 episodi proposti, in realtà, affrontavano temi ben più profondi: dietro la facciata della fantascienza, infatti, in modo avvincente e del tutto originale, si celava una vastissima gamma di temi sociali contemporanei, dal razzismo alla xenofobia, dalla guerra fredda alla sperimentazione della bomba nucleare.

The Twilight Zone [1959-1964] - Opening and Closing Theme

Spielberg propone un’antologia di quattro episodi, di cui solo il primo, Time out, è originale, mentre gli altri tre: Kick the can (Il gioco del bussolotto), It’s a good life (Prigionieri di Anthony) e Nightmare at 20.000 feet (Terrore ad alta quota) sono remake, diretti rispettivamente da John Landis, Steven Spielberg, Joe Dante e George Miller. Gli episodi sono preceduti da un prologo, a metà strada tra la comedy e l’horror, che si apre sulle note di The midnight special nella versione dei Credence Clearwater Revival, canzone che accompagna il viaggio dei due attori protagonisti, Dan Aykroyd e Albert Brooks, a bordo di un’auto su una strada completamente deserta, mentre si divertono a ricordare alcune delle più spaventose serie televisive, tra cui The Twilight Zone

Twilight Zone: THe Movie - The midnight special

Sia il prologo che il primo episodio, Time out, sono affidati alla regia di John Landis, ormai all’apice del suo successo, arrivato nel 1978 con Animal House, considerato oggi una delle migliori commedie americane di tutti i tempi, e consacrato nel 1980 con The Blues Brothers, che oltre a essere una pietra miliare del cinema americano, vanta anche il guinness dei primati per la scena con il maggior numero di auto distrutte, costata circa 30 milioni di dollari. Dittico che farà la fortuna anche dell’attore statunitense, di origini albanesi, John Belushi, morto prematuramente all’età di soli trentatrè anni a causa della sua dipendenza dalla droga. Film cui segue l’horror An American werewolf in London - Un lupo mannaro americano a Londra che, grazie alle ambientazioni e al trucco realizzato da Rick Baker, vincitore del Premio Oscar nel 1982, farà aggiudicare a Landis la regia del videoclip di Thriller, uno dei maggiori successi di Michael Jackson, ma anche uno dei primi video musicali ad avere una vera e propria trama, con tanto di coreografia ed effetti speciali.

An American werewolf in London di John Landis [1982]
Thriller di Michael Jackson [1983]

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Time out è l’episodio che più si avvicina all’atmosfera originale della serie televisiva, anche se sembra esserci una brusca interruzione tra una scena e l’altra. Protagonista è l’attore Vic Morrow, all’anagrafe Victor Morozoff, che aveva esordito sul grande schermo nel 1955 nel film di Richard Brooks, Blackboard Jungle - Il seme della violenza. Nei panni di Bill Connor, Morrow interpreta un uomo frustrato, collerico e razzista che, attraverso una specie di nemesi fantastica, è catapultato indietro nel tempo per vivere sulla propria pelle la persecuzione e scontare così la sua arroganza. Prima nella Francia nazista dove le SS lo credono un ebreo, poi in mezzo a un gruppo di fanatici del Ku Klux Klan che, scambiatolo per nero, lo vuole impiccare, poi ancora nella giungla del Vietnam, dove viene attaccato da una pattuglia di soldati americani convinti sia un Vietcong e, infine, nella Germania del Terzo Reich dove finisce su un treno di deportati. In realtà, secondo lo script iniziale, dopo aver rischiato la propria vita e aver tentato invano di dimostrare la propria identità, l’episodio si sarebbe dovuto concludere con il ritorno di Bill al suo tempo, ormai redento, dopo aver salvato la vita a due bambini vietnamiti nel corso di un raid nel loro villaggio. Ma le cose non vanno come stabilito da copione e, infatti, il segmento dedicato al Vietnam è brevissimo e del raid non c’è alcuna traccia.

Per una delle scene ambientate in Vietnam, la sceneggiatura prevede la presenza sul set di un elicottero, il Bell UH-1 Iroquois, detto più comunemente “Huey”. L’elicottero, pilotato dal veterano Dorsey Wingo, deve sparare addosso a Bill Connor/Vic Morrow mentre attraversa un fiume con in braccio due bambini vietnamiti, interpretati dalle comparse Renee Shin-Yi Chen e Myca Dihn Lee, di appena 6 e 7 anni. Landis, però, come al solito, ha voluto esagerare con gli effetti speciali che devono simulare la distruzione del villaggio vietnamita e rendere il bombardamento il più realistico possibile. Pretende anche che l’elicottero voli a bassa quota, in modo tale da creare più suspance, anche se il pilota di fatto ha qualche difficoltà a evitare le palle di fuoco create dal reparto effetti speciali. Il tecnico a terra non si accorge di nulla e fa detonare altre due esplosioni, così potenti che lo spostamento d’aria frantuma una capanna di bambù in mille schegge. È tutto così “spettacolare” e realistico che Daniel Lee, padre di Myca, sopravvissuto al Vietnam e immigrato negli Stati Uniti, in tribunale dichiarerà di essere inorridito al cominciare delle esplosioni sul set. Già, in tribunale, perché una delle schegge urta la pala dell’elicottero e Wingo perde il controllo del velivolo, che precipita da un’altezza di circa sette metri sui protagonisti, davanti agli occhi increduli del cast e dei genitori dei due bambini. In una manciata di secondi la pala del rotore di coda decapita Vic Morrow e il piccolo Myca, mentre la piccola Renee muore schiacciata da un pattino. Per le sei persone a bordo dell’elicottero, tra cui anche il regista, solo alcune lievi ferite.

L’incidente viene ripreso da almeno tre angolazioni e, naturalmente, a causa della tragedia occorsa, la scena non viene inserita nella versione finale del film. Mancavano giusto poche sequenze a concludere l’episodio, che non furono mai girate. Time Out viene, quindi, ripensato e rimontato, eliminando tutte le scene in cui erano presenti i due piccoli vietnamiti. 

La tragedia naturalmente causa non pochi problemi legali a Landis & CO. È la prima volta nella storia di Hollywood che un regista viene citato in giudizio per rispondere di una “fatalità” occorsa sul set di un film. La stampa americana criminalizza la sua condotta negligente e lo addita come il solo e unico responsabile. Nel corso del processo, durato circa nove mesi a cavallo tra il 1986 e il 1987, vengono raccolte oltre milleduecento pagine di testimonianze, tese a smontare la rete di omertà tessuta dalle corporazioni di Hollywood, perchè di regole ne sono state infrante parecchie. Per prima cosa è stata violata la legge sul lavoro minorile dello Stato della California, che vietava ai bambini di lavorare in orario notturno, se non con un permesso speciale. Myca e Renee, però, alle 2 del mattino si trovavano sul set allestito all’Indiana Dunes National Park, dato che la location offriva la possibilità di effettuare riprese notturne senza la presenza di luci urbane nelle vicinanze, e Landis non voleva perdere l’occasione. Pare sia stato proprio lui a prendere la decisione di far recitare i due bambini in assenza dei requisiti necessari, senza nemmeno informare la produzione, ma pagando sottobanco le loro performance. Il regista temeva, infatti, che non gli avrebbero mai permesso di girare la scena notturna con bambini così piccoli, soprattutto in presenza di esplosivi. Dettaglio di cui non furono messi al corrente i genitori delle due comparse, che non erano stati informati né della presenza dell’elicottero né che ci sarebbero state delle esplosioni sul set ma, anzi, rassicurati che non ci sarebbe stato alcun pericolo per i loro bambini, soltanto un po’ di rumore. I problemi, però, non finiscono qui. Le due figlie di Morrow, Jennifer Jason Leigh e Carrie Morrow, accusano la produzione di aver permesso consumo di alcool e droghe a diversi membri della troupe nel corso delle riprese, e Landis di aver provocato l’incidente con le sue imprudenti richieste, che non contemplavano neppure l’ipotesi della presenza di stuntman. Dick Peabody, co-star nella serie televisiva Combat!, andata in onda dal 1962 al 1967 segnando il successo di pubblico di Morrow, raccontò che le ultime parole dell’attore pronunciate prima di girare la scena furono: «devo essere impazzito per aver accettato di girare questa scena. Avrei dovuto richiedere una controfigura». Infine anche Wingo, il pilota veterano, persa la sua licenza di volo, fa causa a Landis, Spielberg e alla Warner Bros, asserendo di aver pilotato l’elicottero eseguendo alla lettera i loro ordini. 

Al processo, l’assistente cameraman Randall Robinson, a bordo dell’elicottero al momento dell’incidente, sostiene che il production manager, Dan Allingham, aveva ordinato a Wingo di allontarsi dalla zona degli attori perchè troppo pericoloso, ma che Landis gli aveva intimato di scendere comunque di quota; versione sostenuta anche da Stephen Lydecker, altro operatore di camera a bordo dell’elicottero. La difesa si limita a “giustificare” l’incidente come un errore di valutazione causato da una detonazione avvenuta in tempi sbagliati, ma le dichiarazioni dei responsabili degli effetti speciali vengono ampiamente contestate, per «le negligenze nel confezionamento della bomba fatale». Secondo una dichiarazione processuale di Patrick W. Henning, parte civile per conto della Commissione del lavoro dello Stato della California, gli «si ascrivevano le responsabilità più “oscene”». Il caso viene presto insabbiato. La causa intentata per omicidio colposo a carico di John Landis, Dorcey Wingo, Paul Stewart, capo dell’equipe effetti speciali, del produttore associato George Folsey Jr e di Dan Allingham, è lunga e dolorosa. Nonostante le schiaccianti responsabilità vengono tutti assolti. La Warner Bros è solo costretta a sborsare milioni di dollari di risarcimento alle famiglie delle tre vittime.

Al di là della vicenda processuale, la morte dei due bambini scatenò violente reazioni e contribuì, se non altro, ad applicare regole sindacali più rigide, come l’assoluto divieto per “attori” al di sotto dei quattordici anni di lavorare dopo le sei e trenta del pomeriggio, specie in assenza di precise deroghe da parte delle autorità competenti. L’industria cinematografica hollywoodiana si attivò per apportare una miriade di modifiche alle politiche e alle procedure attuali, al fine di ridurre il rischio di futuri infortuni e/o eventuali morti sul set. Pare, infatti, che per circa un decennio Hollywood abbia addirittura bandito gli elicotteri dai suoi set.  

La tragedia oscurò il successo del film ma non segnò più di tanto la carriera di Landis. Forse, il danno maggiore lo subì Spielberg che, anche se al momento dell’incidente non si trovava sul set, in qualità di produttore, fu chiamato in causa indirettamente. L’incidente pare abbia innescato una specie di rituale ai danni del cineasta, tanto che, da allora, ogni qualvolta un film di Spielberg irrompe sul mercato, qualcuno denuncia di aver subito dei danni, chiama in causa gli avvocati e chiede esorbitanti cifre di risarcimento. *   

Il caso di Twilight Zone: The Movie è raccontato in uno dei documentari della recentissima serie Cursed Films, prodotta da Shudder, servizio di streaming gestito da AMC Networks e disponibile solamente in Canada, Regno Unito e Irlanda. La docuserie, scritta, diretta e montata da Jay Cheel è, infatti, dedicata, come il nostro format, ad alcuni presunti casi di “maledizioni” cinematografiche. Il trailer internazionale, tra miti e leggende, e attraverso la voce di esperti e testimoni, indaga alcuni degli eventi che hanno segnato queste produzioni cinematografiche, per sfatare, o confermare, le dicerie sorte attorno a questi classici “maledetti”. 

Cursed Films - A Shudder Original Series
Official Trailer

Il film è disponibile su CHILI. 

vi consigliamo di ascoltare la playlist



FONTI
Valerio Caprara, Steven Spielberg, Gremese, 1997
Michael Mallory, Ai confini della realtà e oltre... Enciclopedia della fantascienza di Syfy, dalla tv al cinema, Rizzoli, 2013