Misteriosi inquilini a Manhattan

«Sfortunatamente, poiché 1) io ho fatto il film e 2) non credo né a Dio né al Diavolo (il che aggrava il mio caso), sono doppiamente incapace di avere paura del mio film, che mi annoia molto. Se ho preso la decisione di fare il film è perché adoravo il libro». Roman Polanski
da Stefano Rulli, Flavio De Bernardinis, Roman Polanski, Il Castoro, Milano, 1995, p.12


Locandina2 Rosemarys babyRosemary’s baby è il primo film americano di Roman Polanski. Quando esce, nel giugno del 1968, c’è la Guerra in Vietnam. Martin Luther King e Bob Kennedy sono stati assassinati poco tempo prima. Il mondo sta cambiando irreversibilmente pelle e l’America, come spesso è accaduto nel corso della storia, comincia a farlo per prima. La contestazione giovanile corre da una parte all’altra del pianeta, rovesciando le regole dei padri e immaginando un mondo migliore. 

Polanski ha lasciato l’Europa da poco. L’anarchismo e l’inquietudine degli anni polacchi e di film come Il coltello nell’acqua, Repulsion, Cul de sac, non si sentono più. Al loro posto compare una fiducia illimitata e persino un po’ ingenua verso un paese descritto come davvero libero e democratico. «La protesta americana è contro la guerra, la polizia, le leggi stupide, l’obbligo di credere in Dio, il divieto di fumare marijuana e i pregiudizi razziali. La rivolta non è economica ma filosofica… In America, che è un paese democratico, non è contro il sistema o il regime che ci si batte ma contro le idee, le idee ricevute». *

«Tra le mani di Polanski la protesta americana del ’68 finisce per perdere i fondamentali connotati politici […]. Polanski, trapezista ideologico scapestrato e arruffone, non scorge valide alternative al tradeunionismo, se non nelle rivoluzioni “verbali” care alla defunta sinistra hegeliana. Il regista polacco ignora da sempre la rivolta politica», scrivono Stefano Rulli e Flavio de Bernardinis nel Castoro che gli dedicano nel 1995. Il Sessantotto è un anno che segna profondamente anche la storia del cinema e che finalmente riconosce all’horror dignità di genere. Film come La notte dei morti viventi di George A. Romero e Rosemary’s baby, ognuno a suo modo, ne interpretano le molte  possibilità. Il primo, in una versione a basso budget tipica del cinema indipendente; il secondo, proseguendo la strada del classicismo già battuta dai maestri del brivido come Hitchcock, ci spiega Emiliano Cecere nel suo articolo su Cinematographe.it. «Se Nightmare di Craven è stato un miscellanea di generi e Halloween di Carpenter è stato il grande film che ha lanciato il genere slasher, Rosemary’s baby è forse l’horror più purista e meno sporco dei due, è di fatto l’ultimo esempio di investimento economico per un film di questo genere, che fonderà la fortuna del paranormale».

La notte dei morti viventi di George A. Romero [1968]
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Halloween di John Carpenter [1978]
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A Nightmare on Elm Street di Wes Craven [1984]
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Negli anni della controcultura americana, ma non solo, si discute molto della crisi dell’idea di Dio nella società contemporanea. L’8 aprile del 1966, la celebre rivista «Time» scrive sulla copertina: Is God dead? Dio è morto? Il titolo, che per la prima volta utilizza solo testo e rinuncia completamente all’immagine, prendendo in prestito le parole di Nietzsche, si riferisce ad un lungo pezzo che John T. Elson, redattore del settimanale addetto alle questioni religiose, aveva scritto intorno a questo tema. Nello stesso anno, Anton Szandor LaVey, scrittore, musicista ed esoterista americano fonda a San Francisco la Chiesa di Satana, movimento religioso, sociale e filosofico secondo il quale Satana è solo un simbolo, ma è l’uomo l’unico responsabile delle sue azioni e del suo destino. «L’uomo è realmente il suo proprio Dio», teorizza LaVey. 

A015A846 A468 4871 B4C6 AC285E1F167AIn questo clima culturale esce Rosemary’s baby, adattamento del celebre, quanto modesto, romanzo di Ira Levin pubblicato nel 1967, scrittore, sceneggiatore e drammaturgo americano, ateo di origine ebraica, che ispirerà molti altri celebri film del “genere” come The Exorcist, Suspiria o il più recente Mother!

Levin parte dalla domanda di «Time» e lancia la provocazione: e se Dio fosse morto e l’Anticristo stesse per rinascere? Il suo libro venderà oltre 4 milioni di copie. In molti avevano pensato di portare questa storia sul grande schermo, pare persino Alfred Hitchcock, ma quella storia sembrava serbare qualcosa di sinistro e di malefico e nessuno aveva mai voluto farlo davvero. Dopo Per favore, non mordermi sul collo!, Polanski era convinto di dover girare un film sullo sci. E quando i suoi produttori americani Robert Evans e William Castle gli propongono di leggere Rosemary’s baby dicendogli che avevano comprato i diritti, lui quasi spazientito lo snobba, definendolo un melodramma da cucina. E invece, la storia lo folgora, legge le pagine tutte d’un fiato facendo le 4 del mattino senza nemmeno rendersene conto. Subito dopo è già alla Paramount pronto a girare. ** 

Il film racconta la storia di Guy aspirante star del cinema (interpretato da John Cassavetes) e sua moglie Rosemary Woodhouse (Mia Farrow), appena trasferitisi in un appartamento al Bramford House, nell’Upper West Side di Manhattan. I due aspettano un bambino, e la coppia di vicini, Roman (Sidney Blackmer) e Minnie Castevet (Ruth Gordon), potrebbero essere gli autori di una congiura demoniaca contro il nascituro.

Rosemary’s baby di Roman Polanski [1968]
Official Trailer

Mia Farrow John CassavetesPolanski scrive la sceneggiatura in un mese. Per il ruolo di Guy si pensa a Robert Redford, Warren Beatty e Jack Nicholson. Alla fine la produzione sceglie Cassavetes. «L’esperienza con lui non fu delle migliori», racconta il regista. «Gli piaceva improvvisare, a me no. E non era a suo agio in quel ruolo. Voleva recitare con le sneakers e quando se le toglieva cominciavano i problemi di recitazione». Per il ruolo femminile si parlava di Jane Fonda, ma la produzione le preferì una giovanissima Mia Farrow, volto televisivo della fortunata serie americana Peyton Place. Fu durante le riprese del film che Mia scoprì che il marito Frank Sinatra avrebbe chiesto il divorzio. Era previsto anche un cameo di Joan Crawford, tagliato poi in fase di montaggio. La colonna sonora fu affidata ancora a Komeda, storico soundtracker dei primi film di Polanski. La sua ninna nanna Rosemary's Lullaby, cantata da un’angelica Mia/Rosemary, stretta nei suoi abiti premaman con l’iconico taglio di capelli pixie, non è un commento, ma una specie di ossessione, di incubo sonoro che ti rimane intrappolato nella testa per ore. 

C’è molto Hitchcock in questo film di Polanski. C’è nella struttura narrativa e nel meccanismo di costruzione della suspense. E i sogni religiosi di Rosemary anticipano quelli di Tristana del maestro del cinema surrealista Bunuel. Rosemary’s baby chiude la trilogia dell’appartamento cominciata da Polanski con Repulsion e L’inquilino del terzo piano. E, come nei primi due film, ripropone il conflitto tra interno e esterno. Il pericolo, il malessere interiore sembra arrivare da fuori, ma spesso invece è dentro di noi. 

Rosemary’s baby di Roman Polanski [1968] Making of

Non è difficile capire perché un film che racconta una storia come questa, in un clima come quello degli anni Sessanta, sia considerato un film maledetto. Tra ascendenze freudiane, emuli di Faust e lo sfondo dei movimenti satanisti degli anni Sessanta, il film conosce un successo smisurato al botteghino e ottiene alcune nomination all’Oscar (in realtà solo l’attrice non protagonista Ruth Gordon vincerà il prestigioso Premio per la sua strepitosa interpretazione di Minnie Castevet). Eppure la sua fortuna è costellata di eventi tragici e luttuosi che lo travolgono dopo solo pochi mesi dall’uscita in sala del giugno 1968. 

Davanti al Dakota, (Bramford nel film), lussuoso palazzo newyorkese che fa da sfondo alle scene in esterni del film – gli interni sono, invece, stati ricostruiti in studio – l’8 dicembre del 1980 sarà assassinato John Lennon, per mano di un suo fan squilibrato. Il celebre cantante dei Beatles abitava lì e conosceva molto bene anche Mia Farrow. 

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L'ingresso al 1 West 72nd Street dove Mark David Chapman sparò a John Lennon l'8 dicembre 1980
foto di David Shankbone concessa con licenza CC BY-SA 3.0

Un anno dopo l’uscita del film, nella sua villa a Hollywood, Sharon Tate, moglie di Roman Polanski, a sole due settimane prima del parto viene barbaramente uccisa insieme a due amici da un gruppo di psicopatici seguaci di Charles Manson. 

Once upon a time in Hollywwod di Quentin Tarantino [2019]
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076CC416 7C4B 448A BC12 27F8EC1ED5FDNel dicembre 1968, a Los Angeles, l’autore della colonna sonora del film, Krzysztof Komeda, viene spinto in una scarpata dallo scrittore Marek Hłasko durante una festa. Dopo le prime cure in un ospedale americano, il musicista viene trasportato in Polonia in stato comatoso per un ematoma cerebrale. La stessa sorte che tocca ad un amico di Rosemary nel romanzo di Levin, che morirà quattro giorni prima di compiere 38 anni. Le cure mediche nell'ospedale americano non salvano la vita a Komeda. Dopo essere stato trasportato a casa in Polonia, muore nel 1969, quattro giorni prima di compiere 38 anni. Marek Hłasko morirà, forse suicida, nel giugno dello stesso anno.

foto di Marek Nizich-Niziñski di dominio pubblico

Non furono molto più fortunati i due produttori del film, William Castle e Robert Evans. Il primo, oltre alle molte minacce di morte ricevute da gruppi di fanatici, avrà nel tempo numerosi problemi di salute. Il secondo, Robert Evans, eccentrico e carismatico produttore di Hollywood che aveva risollevato le sorti della Paramount negli anni Sessanta con grandi film come The Godfather - Il Padrino e Chinatown, ma anche Love Story, avrà tre infarti e una condanna per traffico di droga. 

vi consigliamo di ascoltare la playlist

Fonti
* Roman Polanski, in «Téléciné», 47, 1968
** Filippo Brunamonti, “Rosemary’s baby” ha 50 anni, i retroscena del film “maledetto per eccellenza”, in «La Repubblica», 10 giugno 2018