Il cinema nella terra abbandonata da Dio

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«Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d'un sogno è raccolta la nostra breve vita». W. Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I

Locandina Fitzcarraldo«Ho 38 anni, ho visto tutto. Il lavoro mi ha dato tutto e si è preso tutto. Non posso più essere fuorviato da chi, da cosa?». Così scrive Werner Herzog ne La conquista dell’inutile, il libro pubblicato nel 2004 che racconta la realizzazione del suo film capolavoro Fitzcarraldo, Palma d’Oro al Festival di Cannes girato tra il giugno del 1979 e il novembre del 1981 nella foresta amazzonica. Il regista, considerato uno dei più significativi rappresentanti del nuovo cinema tedesco, il più grande vivente, come lo considerava in quegli anni François Truffaut, torna nei luoghi di Aguirre furore di Dio per raccontare l’impresa di Brian Sweeny Fitzgerald, Fitzcarraldo per i nativi, personaggio ispirato ad un barone del caucciù, di origine irlandese, vissuto realmente tra Ottocento e Novecento. Fitzcarraldo ha un sogno: costruire un teatro d’Opera nella giungla. Ma per finanziare la sua impresa, deve ricostruire una grossa nave a vapore, attraversare un fiume fino a un tratto, trascinarla su per una montagna e poi calarla su un fiume parallelo, fino a quel punto impraticabile. Lo aiuteranno le tribù indigene, che crederanno di riconoscere in lui il Dio tornato nelle loro terre per completare la creazione rimasta interrotta.

Fitzcarraldo è una sorta di manifesto dell’idea di cinema di Herzog. Un cinema estremo e estraneo a qualunque classificazione, un cinema che non deve rappresentare la realtà, quanto piuttosto trasformarla: «Sono sempre stato interessato alla differenza tra "fatto" e "verità". E ho sempre sentito che esiste qualcosa come una verità più profonda. Esiste nel cinema, e la chiamerei "verità estatica"». * Per questo, rifiuta le lusinghe della Twenty Century Fox e non accetta di girare in uno studio, ricorrere a stuntman o a controfigure e a modellini di nave che “imitino” la realtà. Herzog vuole una nave vera, una nave che attraversi davvero i fiumi e risalga le montagne, una nave che sfidi i pericoli delle rapide e gli attacchi degli indios invisibili che abitano su quelle sponde. «Perché chi sogna può muovere montagne», dice lui. Con queste premesse la realizzazione di Fitzcarraldo diventa qualcosa di epico e quasi mitologico.

Fitzcarraldo di Werner Herzog
Official Trailer

Moltissimi sono gli inciampi, gli incidenti, le sventure nella produzione di un film che resta comunque un’esperienza unica e irripetibile della storia del cinema. «Li attiravamo come se tutto fosse stato segnato dal primo giorno […]. Trasferire delle persone su un set può provocare una catastrofe. Queste cose succedono, mi pesano sull’anima e ci devo convivere», confiderà Herzog in un’intervista molti anni dopo. C’è un po’ di Fitzcarraldo in ognuno di noi, ci suggerisce Herzog.

Le riprese cominciano nel novembre del 1979, tra Ecuador e Perù. Ma da quelle parti si sta facendo una guerra di frontiera. La tribù degli Aguaruna non vede di buon occhio la presenza della troupe nei loro territori e un giorno circondano l’accampamento e gli danno fuoco.

Klaus Kinski Cannes retouchedNei panni di Fitz, l’attore Jason Robard. Si era fatto anche il nome di Jack Nicholson. La sceneggiatura gli era piaciuta molto, ma non se la sentiva di stare sei mesi nella giungla, lontano da Hollywood. Coprotagonista, Wilbur, interpretato da Mick Jagger. Sparirà nella versione definitiva. Dopo qualche settimana di lavorazione e a quasi due terzi del copione, Robard si ammala di dissenteria. Il suo medico gli impedisce di continuare. Le riprese si fermano. E mentre si cerca un sostituto, anche Jagger abbandona il suo ruolo. Deve fare una tournée mondiale con il gruppo. Di quella prima fase resteranno solo un paio di scene. Le riprese riprendono nell’aprile del 1981. Fitzcarraldo è Klaus Kinski, Il mio nemico più caro, come reciterà il titolo del documentario che Herzog gli dedicherà nel 1999. Anche se alcuni finanziatori cominciano a tirarsi indietro, si costruisce la nave. Werner e suo fratello Lucki, produttore del film, sono convinti che bisogna avere qualcosa da fargli vedere. Bisogna attirarli in qualche modo. 

Klaus Kinski Cannes
foto di Georges Biard concessa con licenza CC BY-SA 3.0

Claudia Cardinale

I soldi, “codardi e bugiardi”, come dice Werner, non sono una preoccupazione. È Kinski il suo vero grande incubo. Il suo sforzo principale è contenere “la sua esuberante follia”, trovare i limiti per quell’energia maniacale. L’attore strillava e urlava per una o due ore fino a farsi venire la schiuma nella bocca. «Klaus è come un cavallo da corsa isterico, incline al panico, che corre come un matto per un miglio e poi collassa appena passata la linea del traguardo […] è un attore pigro, non gli piaceva imparare le battute a memoria. Certi momenti di follia esplodevano proprio quando si dimenticava le battute […]. Penso che Brando fosse un asilo d’infanzia in confronto a Kinski», rivela il regista nell’intervista a Norman Hill. Solo l’incantevole sorriso di Claudia Cardinale, protagonista femminile del film, sapeva sedarlo. Contrariamente a quanto accadeva con le altre colleghe, con lei era sempre  rispettoso e pacato.

Claudia Cardinale
foto di Gorup de Besanez concessa con licenza CC BY-SA 4.0

Tra incidenti aerei, catastrofi naturali, malattie e guai giudiziari (il regista sarà arrestato due volte), Fitzcarraldo è da sempre stata considerata una produzione pericolosa. Dice Herzog: «Non è stato affatto facile superare tutti gli eventi sinistri che ci sono capitati. Ci sono riuscito perché sostenuto da filosofia e fede in quantità sufficienti. Non fede cieca, ma vera fede, fede quasi religiosa in quello che facevo». La stessa che doveva avere Thomas Mauch, storico direttore della fotografia dei suoi film, per seguirlo in Amazzonia.

Mauch aveva un approccio molto fisico con la cinepresa. Herzog racconta che nella scena in cui la nave affronta le rapide del Pongo, tutto quello che si vede è vero. A bordo c’erano 4/5 membri della troupe. Kinski si offrì di rimanere a bordo dicendogli: «Se vai a fondo tu, io vado a fondo con te». La nave si sbatte davvero tra le rocce e a un certo punto la lente della cinepresa vola via. Herzog si attacca a Mauch per non farlo cadere, ma lui fa un volo di dieci metri e si apre la mano in due con un taglio dal mignolo fino al polso. Subisce un’operazione di due ore e mezza, ma l’anestetico è finito. Lo avevano usato tutto per curare due membri dello staff che erano stati attaccati dagli indios selvaggi due giorni prima. Herzog allora chiede a Carmen, una delle ragazze locali che interpretava una prostituta, di aiutarlo a consolarlo. Lei gli mette la testa tra i suoi seni, gli sussurra parole dolci e lui riesce a resistere al dolore per altre due ore e mezza. Nella stessa scena, l’operatore con il treppiede fissato saldamente in coperta, sbatte la testa contro la cinepresa subendo un trauma cranico. Quello al terzo piano, sul ponte di comando, legato con tre cinture al muro per non volare dalla finestra, al momento dell’impatto sbatte così violentemente sulle cinture che si rompe tre costole. Tutti sapevano che sarebbe stata una scena complessa e pericolosa, ma sapevano anche che niente di simile era mai stato fatto prima. Speravano che la nave ce la facesse e, alla fine, la chiglia era sbrindellata come una scatola di sardine. Nella stessa scena un altro assistente era stato posizionato su una roccia sulla sponda del fiume. Finita la ripresa, la troupe torna al campo. Solo l’indomani a colazione, realizzano che l’avevano lasciato lì. Era rimasto tutta la notte aggrappato mani e piedi a quella roccia.   

Si girava a 1400 km dentro la giungla. L’accampamento ospitava oltre 1000 persone. In molte scene compaiono fino a 5000 comparse. Herzog non aveva nemmeno un megafono. Nativi, spesso analfabeti, che parlano solo la loro lingua o lo spagnolo. Molti lavorano per le compagnie di legname o sono braccianti agricoli. Spesso non sanno nuotare. Un ragazzo che compare nella scena delle canoe, un giorno ne rubò una. Si capovolse. Morì annegato.

La vera impresa fu issare la nave sulla montagna, scena fondamentale del film. Occorreva ottenere una pendenza di circa 40°. Portarono un caterpillar attraverso il fiume per livellare il terreno. E dinamite. Uno dei taglialegna stava lavorando scalzo. Fu morso dal serpente più velenoso del mondo. Sapeva di avere solo sessanta secondi di tempo prima di morire. Prese la motosega e si tagliò un piede. Quando la nave arriva finalmente ad Iquitos, Herzog per l’entusiasmo fece un salto di dieci metri. In acqua c’era un grosso tronco che schivò per poco. Ancora qualche centimetro e si sarebbe rotto l’osso del collo.

Burden of Dreams di Les Blank [1982]
Official Trailer

Il suo progetto è stato spesso criticato dalla stampa e dai media come un’impresa scellerata, e lui etichettato come un irresponsabile che ha messo a repentaglio le vite degli altri mosso solo da una folle e cieca ambizione. Altri, pensano esattamente l’opposto: Come Paul Cronin: «Gran parte delle voci che avete sentito su Werner Herzog sono infondate. La quantità di false dicerie e di totali menzogne che circolano in riferimento a quest'uomo e ai suoi film è davvero impressionante e non ha analoghi tra gli altri registi, vivi o morti. Quando, di recente, ho trascorso qualche tempo insieme a Herzog, confesso di aver subdolamente desiderato di farlo cadere in contraddizione, di trovare falle nei suoi ragionamenti, di scoprire un mucchio di affermazioni contrastanti le une con le altre. Ma è stato tutto vano. Delle due, l'una: o è un maestro della bugia oppure, più verosimilmente, mi ha detto la verità». **

Fitzcarraldo è uno dei film più belli della storia del cinema. Un film imperfetto, ma coraggioso, poetico, visionario. Il capolavoro di un autore che rischia tutto senza mollare mai: «Quando si era giunti al punto di fermare il film io dicevo: non mi fermerete, non mi dissuaderete, non mi scoraggerete perché se abbandonassi questo, sarei un uomo senza sogni». ***

Fonti
* Dal film Incident at Loch Ness di Zak Penn, USA, 2004
** Werner Herzog, Incontri alla fine del mondo. Conversazioni tra cinema e vita ( a cura di Paul Cronin), Minimum Fax, 2018
*** Intervista a Werner Herzog, contenuto extra del dvd Fitzcarraldo, Ciak Cult Movie