C’è un libro che è diventato un modo di dire, l’ha scritto Kenneth Anger, prima in francese e poi in inglese. Si intitola Hollywood Babilonia. Racconta gli scandali, gli imbrogli, i pettegolezzi, i suicidi, gli amori, le morti sospette, le perversioni, i delitti nel mondo dorato di Hollywood. 

Il primo dei grandi scandali colpisce Roscoe “Fatty” Arbuckle. Fatty era il comico più famoso del mondo. Buster Keaton diceva che tutto quello che sapeva sul cinema lo aveva imparato da lui. Guadagnava più del presidente degli Stati Uniti. Era stato il primo a firmare un contratto in esclusiva per ventidue film. La Paramount pagava un ingaggio anche al suo cane. I bambini lo adoravano, era la bandiera dell’intrattenimento per famiglie. Era alto, grosso e con un bel faccione bonario.

THE BEST OF Roscoe “Fatty” Arbuckle SILENT COMEDY

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Ho sempre preso molto sul serio "Il mago di Oz", sai? Credo nell'idea dell'arcobaleno. E ho passato tutta la mia vita a cercare di raggiungerlo. Judy Garland

 
Nel 2019 esce in sala Judy, il film di Rupert Goold in cui Renée Zellweger riporta in vita Judy Garland, reinventandola completamente nell’interpretazione che le è valsa il premio Oscar. Il film apre una finestra sul capitolo finale della vita della star e sulla sua definitiva autodistruzione tra alcol, droghe e matrimoni sbagliati, fino alla sua tragica morte, lasciando a una serie di flashback il racconto della sua adolescenza, segnata irrimediabilmente dalla partecipazione alla grande produzione hollywoodiana Il Mago di Oz.

JUDY di Rupert Goold (2019) Trailer

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Los Angeles, dieci e trenta del mattino del 15 gennaio 1947. Betty Betsinger sta passeggiando con il figlio di tre anni. Tra le erbacce di uno spiazzo che divide la Trentanovesima e Norton Avenue nota quello che sembra un manichino disarticolato. Ma non lo è. È quello che resta di un corpo di donna massacrato e sezionato in due parti, il torso da una parte, il bacino e le gambe a un metro di distanza.

Con la chiamata al 911 della signora Betsinger, quella mattina del 1947, comincia ufficialmente il caso della Dalia Nera. Un femminicidio feroce, spaventoso. Un delitto ancora oggi senza colpevoli. Una storia intricata in cui c’entrano la più potente maitresse di Hollywood, il magnate dell’editoria William Randolph Hearst (il personaggio a cui si è ispirato Orson Welles per Citizen Kane) e lo spietato mafioso Bugsy Siegel. Ma c’entra anche il luccicante mondo delle star di Hollywood, e la polizia di Los Angeles, allora corrotta come poche altre volte nella sua storia.

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Ancora oggi, proprio per l’imbecille mentalità corrente, una donna convince veramente di aver subito violenza carnale, contro la sua volontà, se ha la “fortuna” di presentarsi alle autorità e al medico, vistosamente malridotta: lesioni multiple, abrasioni vistose, lividi profondi. Se si presenta morta è meglio. 
Un cadavere con segni di stupro e sevizie, dà più garanzie. 
Nell’ultima settimana, sono arrivate al tribunale di Roma, sette denunce di violenza carnale a studentesse aggredite mentre andavano a scuola, un’ammalata aggredita in ospedale, mogli separate sopraffatte dai mariti certi dei loro buoni diritti. 
[…]
Ma il fatto più osceno è il rito terroristico, a cui, poliziotti, medici, giudici, avvocati di parte avversa, sottopongono una donna, vittima di stupro, quando questa si presenta nei luoghi competenti a richiedere giustizia, con l’illusione d’avercela. 
È tutto un lurido e sghignazzante rito di dileggio.
Prologo del monologo Lo stupro di Franca Rame e Dario Fo (1975). Testi manoscritti contenuti in Archivio Franca Rame Dario Fo 

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«La vita è una perpetua violenza. Ne so qualcosa. Non solo per aver vissuto qualche tempo negli Stati Uniti, ma per essere rimasto profondamente polacco: quando si nasce in Polonia, all’epoca in cui sono nato io, non si può mai dimenticare la legge della violenza». Roman Polanski

da Stefano Rulli, Flavio De Berardinis, Roman Polanski, l’Unità, Il Castoro, 1995

ROMAN POLANSKI: WANTED AND DESIRED (2008) Trailer 

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È l’estate del 2002, su Italia 1 va in onda dall’arena di Verona la finale registrata del Festivalbar. Sul palco salgono le t.A.T.u., un duo di ragazze russe di 16 anni, tenendosi per mano. Cantano il loro primo singolo in inglese, All the things she said, un brano sull’amore tra due ragazze ostacolato dai genitori, e, verso la metà della performance, si scambiano un lunghissimo bacio appassionato. L’arena va in visibilio. Si leva anche qualche fischio, ma l’entusiasmo dei ragazzi e delle ragazze è palpabile. Innegabile.

t.A.T.u., All the things she said – Live at Festivalbar 2002

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