Ho sempre preso molto sul serio "Il mago di Oz", sai? Credo nell'idea dell'arcobaleno. E ho passato tutta la mia vita a cercare di raggiungerlo. Judy Garland
Nel 2019 esce in sala Judy, il film di Rupert Goold in cui Renée Zellweger riporta in vita Judy Garland, reinventandola completamente nell’interpretazione che le è valsa il premio Oscar. Il film apre una finestra sul capitolo finale della vita della star e sulla sua definitiva autodistruzione tra alcol, droghe e matrimoni sbagliati, fino alla sua tragica morte, lasciando a una serie di flashback il racconto della sua adolescenza, segnata irrimediabilmente dalla partecipazione alla grande produzione hollywoodiana Il Mago di Oz.
JUDY di Rupert Goold (2019) Trailer
È proprio lì, prima e durante le riprese del film iconico che accomuna ricordi felici di grandi e bambini, che Judy Garland subisce un abuso dopo l’altro, diventando «la prima vittima pubblica della celebrità»*. Quando viene notata e poi scritturata dalla Metro-Goldwyn-Mayer, Judy è già una piccola star. Sua madre la fa esibire in spettacoli musicali dall’età di due anni, inizialmente insieme alle sorelle più grandi, tenendola sveglia con delle speciali “pillole” e minacciandola di atroci torture ogni volta che si ribella in qualche modo. Il palco è l’unico luogo in cui si sente amata e in scena è un fenomeno, tanto che ben presto sua madre capisce che è la piccola il vero talento della famiglia, l’asso da giocare per ottenere fama, riconoscimenti, e una montagna di soldi. In un’intervista, molti anni dopo, Judy si riferirà a sua madre come “la vera strega malvagia dell’ovest”.
Alla MGM le cose peggiorano drasticamente. La carriera di Judy decolla grazie alla serie di film in cui recita al fianco di Mickey Rooney, che diventerà per lei l’amico di tutta una vita, ma i ritmi da sostenere sono intollerabili anche per un adulto. Sia Judy che Mickey sono costretti a ingerire quantità esorbitanti di pillole: ci sono quelle per stare svegli e attivi sul set per ore e ore e poi ci sono quelle per dormire durante le poche pause dalle riprese.
JUDY GARLAND & MICKEY ROONEY in Babes in Arms (1939)
Gli anni passano e Judy Garland diventa una delle attrici bambine più amate d’America. È il 1938, e tutte le sue colleghe sono in lizza per la parte di Dorothy ne Il mago di Oz. Judy non è la favorita, ma poi canta per lui, Louis B. Mayer, il capo assoluto della MGM, e non c’è alcun dubbio: la parte è sua. Ma c’è un problema: la protagonista deve essere una bambina, e Judy, ormai sedicenne, mostra già le forme tipiche della sua età. Destinata a incarnare per sempre il fascino della “ragazza della porta accanto”, secondo i dirigenti della MGM Judy non è abbastanza bella, non è abbastanza sensuale per diventare una diva, per cui, finché possibile, bisogna sfruttare la sua immagine di bambina. Non fanno mistero a Judy del loro pensiero, anzi, non perdono occasione per ricordarglielo, più e più volte al giorno. Tutti usano con lei un linguaggio ambiguo e lascivo, adulando la bambina e mortificando la donna.
Uno di loro, di cui Judy non svelerà mai l’identità, tenta di abusare di lei, usando come leva proprio la sua scarsa avvenenza: Judy non è abbastanza bella, e la sua unica possibilità di far carriera è “fare la brava” coi capi. Lei lo rifiuta, inseguita dalle sue minacce, ma non si arrende. È appena arrivata all’occasione della vita, e sa di poterla cogliere, nonostante tutto e tutti. Anche nonostante Mayer.
Il mago di Oz foto di Breve Storia del Cinema concessa con licenza CC BY 2.0
Judy per Mayer è una gallina dalle uova d’oro, ma anche la vittima preferita del suo personale gioco sadico. Ossessionato dall’idea di una “Judysemprebambina” e dal suo aspetto fisico, la tortura continuamente chiamandola “la mia piccola gobba”, per via della sua scoliosi, e “il mio maialino”, per via del suo corpo che sta diventando adulto. Per Mayer, invece, Judy è soltanto grassa. La costringe a una dieta impossibile a base di brodo di pollo e sigarette, aggiungendo al suo quotidiano cocktail di eccitanti, sonniferi e pillole dimagranti a base di anfetamina. «Forse vuoi tornare a essere una come tutte le altre», le dice quando lei tenta di ribellarsi alle sue richieste, «forse non lo vuoi abbastanza»**. Prima la sminuisce e poi la blandisce, la manipola, la confonde.
Durante le riprese de Il mago di Oz, per rendere il personaggio di Dorothy più credibile, Mayer ordina di far indossare a Judy fasce contenitive per appiattire il seno e corsetti strettissimi per diminuire la circonferenza della vita e correggere la curva della schiena; non pienamente soddisfatto delle forme del suo viso, le fa mettere una protesi dentaria e una di silicone nel naso, per dargli un aspetto “graziosamente all’insù”. Se da una parte Mayer non riesce ad accettare il corpo da giovane adulta di Judy, dall’altra ha una vera e propria adorazione per la sua voce. «Sai perché mi piaci Judy? Perché canti con il cuore»**, le dice spesso. E tutte le volte accompagna le parole toccandole il seno sinistro, ad indicare il punto esatto in cui risiede il suo cuore. Judy si sente profondamente a disagio, si sente umiliata e non trova le parole per dirlo. Solo qualche anno dopo avrà il coraggio di mettere fine a quel rito disgustoso chiedendo a Mayer di interromperlo per sempre, provocando per tutta reazione il pianto stupito di lui. «Come puoi dire questo a me, a me che ti amo?»**, dirà.
JUDY GARLAND in Somewhere over the raimbow da Il mago di Oz (1939)
Intanto le riprese de Il mago di Oz continuano, e Judy non deve preoccuparsi solo di Mayer. Alcuni membri del cast la apostrofano in modo volgare, e nessuno degli adulti presenti se ne preoccupa. Distrutta dalle droghe e dalla dieta delirante a cui è sottoposta, ha delle continue crisi, alterna momenti di aggressività a momenti di ilarità immotivata. In alcune scene non riesce a smettere di ridere, per cui il regista del film, Victor Fleming, che quell’anno gira anche Via col vento, si sente autorizzato a schiaffeggiarla per farla smettere. Judy non è sorpresa da quel gesto, lo accetta come un normale rimprovero. Sarà lei a consolare lui quando, poco dopo, scoppierà a piangere scusandosi con lei.
Dopo Il Mago di Oz Judy Garland è ormai un nome conosciuto a livello mondiale, ma il danno è fatto. La sua interpretazione nel film è grandiosa, tanto che le varrà un Oscar, ma la sua autostima, minata dal rapporto con la madre, dalla dipendenza dai farmaci e dai continui abusi, crolla vertiginosamente. Fuori dalla scena non si sentirà mai all’altezza, mai adeguata, mai abbastanza. Mai più.
Nel 2009 nasce a Hollywood il progetto di un film su di lei, con protagonista Anne Hathaway. A darne notizia il produttore Harvey Weinstein, che all’Howard Stern Show dirà «Non c’è stato nessun provino. [Hathaway] ha cantato per me come Judy Garland, canta splendidamente. Ha quello sguardo…». Sembra l’inquietante annuncio di un incubo che si ripete, ma quel film non uscirà mai. Nel febbraio del 2020 una giuria di New York giudica Weinstein colpevole di stupro e atti sessuali criminali, condannandolo a 23 anni di carcere. È la fine di un’era a Hollywood e non solo: un terremoto chiamato Me Too comincia a far tremare le sedie di tutti i Louis B. Mayer e gli Harvey Weinstein che, fin dalla sua nascita, infestano il mondo del cinema.
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