Il II° Quartiere Operaio

Il II° Quartiere Operaio
Claudio A. Colombo
 Italiano

Questa è una delle caratteristiche dell’Umanitaria, di essere stata il laboratorio sociale in cui si sono saggiati, in un ambito prima ristretto e poi via via sempre più largo, esperimenti di istituti di presidio della classe lavoratrice, che poi lo Stato ha fatto proprio ed estesi a tutta l’Italia, o che altri Enti para statali proseguirono su più vasta scala” (parola di Alessandro Schiavi che lo sviluppo dell’Ente milanese ha seguito fin dal 1904, prima di diventare assessore della giunta Caldara e direttore dell’Istituto Autonomo Case Popolari fino all’avvento del fascismo).
Il caso dei quartieri operai è paradigmatico di come alcune iniziative-pilota dell’Ente milanese siano divenute poi modelli replicati in città, tanto che le case dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Milano ne seguirono l’impostazione (per lo meno dal punto di vista edilizio), anche prima che Giovanni Broglio fosse nominato a capo dello IACP (incarico che tenne dal 1913 al 1934).
Il Quartiere Operaio di via Solari servì quindi da sperimentazione; nel frattempo era stata promulgata la legge Luzzatti (1904), con cui lo Stato italiano concedeva agevolazioni a enti pubblici, cooperative e istituti privati che potessero essere interessati a costruire case popolari, ponendo rimedio alla vita di “quei proletari – parole di Luzzatti – i quali vivono di magri salari in quartieri luridi e in tetre mura che si devono trasformare, risanare, abbattere”.

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Le Case popolari dell’Umanitaria non costituivano un modesto contributo alla soluzione del più aspro problema della città, il problema delle abitazioni. Il concetto ispiratore risiedeva nel costruire intorno al mondo operaio un ambiente armonico, dove trovare il benessere fisico e morale, lo svago, il sollievo dello spirito, l’istruzione dell’intelletto. “Le Case estendono e completano l’opera multiforme della Società Umanitaria, opera che per vie diverse e in vari modi tende sempre al fine ultimo di assistere, elevare ed educare le classi meno favorite dalla fortuna”.
Rispetto al già sorprendente quartiere di via Solari, nel II quartiere operaio (situato anch’esso in estrema periferia, ma a nord-est, in zona Rottole, confluenza di importanti accessi in Milano) si notava una maggiore varietà e una maggior cura nella organizzazione planimetrica dei singoli alloggi attraverso l’introduzione del mezzo locale, che consentiva di ottenere nel complesso di 214 appartamenti (costruiti nel giro di un anno, ottobre 1908-novembre 1909) diverse combinazioni, razionalizzando lo spazio abitativo e facilitandone l’uso a seconda delle funzioni domestiche.
Locali più ampi, migliori servizi come luce, bagni, riscaldamento, più attenzione alla privacy (come si direbbe oggi) caratterizzavano il nuovo progetto che Broglio aveva concordato con l’Umanitaria, seguendone le precise indicazioni di carattere sociale, come l’offrire alle famiglie ivi residenti sia la Casa dei Bambini della Montessori (innovativo progetto pedagogico), sia spazi comuni: ampi cortili areati, botteghe artigiane, circoli di aggregazione e biblioteche.
Gestiti presto da una forma di autogoverno (la Cooperativa Inquilini), i quartieri dell’Umanitaria divennero un modello apprezzato in ambito internazionale: per ampiezza di vedute, attualità di concezione, generosità di dotazioni.

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The Second Housing Estate for Workers
Claudio A. Colombo
english

 “Acting as the social testing ground for institutions for the protection of the working class subsequently appropriated by the State and expanded to the entire country is one of the Umanitaria’s distinctive features” (Alessandro Schiavi, the man who worked at the development of the Milan-based institution since 1904).
The social housing for workers is a case in point exemplifying how some of the pilot projects initiated by the Milan-based institution later became models for the entire city. For example, the Institution for Social Housing based in Milan followed their layout (at least in terms of construction) for its own housing estates. In the meantime, the Italian government passed the Luzzatti Law (1904) that granted tax incentives to any public authorities, cooperatives and private institutions for the development of social housing. The Umanitaria was obviously encouraged to repeat its efforts after its first experiment with the Housing Estate for Workers in via Solari.
The Second Housing Estate for Workers (also located in the city’s outer edge, this time in the northeastern suburbs) showed an improvement in terms of layouts from the already surprising first estate resulting from the introduction of the half room. The 214 apartments (built within a year, between October 1908 and November 1909) featured a number of different layouts that rationalized the living space by facilitating its use based on the domestic requirements.
Larger rooms, better services such as electricity, toilets, heating, a higher focus on privacy were the strengths of the new plan developed by Broglio with the Umanitaria. Once again, the estate included a House of Children (based on Maria Montessori’s innovative pedagogical project) and community facilities such as large ventilated courtyards, artisans’ shops, recreation clubs and libraries.
Soon managed by a self-governing body (the Tenants Cooperative), the social housing developed by the Umanitaria became an internationally respected model for its pioneering approach, enduringly original concept, and generous facilities.