I “mestieri dell’arte”: le Scuole-laboratorio di Arti Applicate all’Industria Ornella Selvafolta |
Fedele all’idea di fornire alle classi povere gli strumenti e le occasioni per il loro miglioramento e convinta che la cultura fosse la base di ogni consapevole elevazione sociale, in pochissimi anni l’Umanitaria diede avvio a un rivelante progetto educativo che comprendeva: la “Scuola-laboratorio di Elettrotecnica per operai” in collaborazione con il Politecnico di Milano (1902), la “Scuola di disegno elementare per operai” (1903), le “Scuole-laboratorio d’Arte Applicata all’Industria”, (1903); la “Scuola del Libro” (1904) e, infine, la “Scuola professionale femminile” (1905): tutto sorte con l’obiettivo di modernizzare e meglio qualificare l’offerta formativa esistente.
Tra queste le scuole-laboratorio di arte applicata all’industria si segnalarono per la forte spinta al rinnovamento di metodi e strumenti al fine di perfezionare le competenze tecniche ed estetiche di lavoratori già attivi nei “mestieri dell’arte”, di coltivarne il gusto, migliorare i prodotti e incrementare i consumi. L’attivazione delle scuole faceva seguito a serie riflessioni teoriche e verifiche sul campo, a inchieste in ambito locale e a viaggi studio compiuti tra le scuole di arti e mestieri europee: a Parigi, Bruxelles, Londra, Birmingham, Amsterdam, secondo le tappe di un grand tour moderno, esemplare delle istanze di rinnovamento che a inizio secolo percorrevano la cultura internazionale.
Aperte con sede provvisoria in via Sassetti nel 1903, poi trasferite nei chiostri di via San Barnaba, frequentate nelle ore serali, le scuole comprendevano corsi avanzati per fabbri ornatisti, ebanisti, intagliatori, intarsiatori, tappezzieri, orefici, cesellatori, decoratori murali, verniciatori, doratori, pittori di insegne, lavoranti nel vetro artistico. Consulente generale era Gaetano Moretti, architetto affermato, responsabile dell’Ufficio Regionale dei Monumenti, professore sia al Politecnico di Milano, sia all’Accademia di Belle Arti di Brera, mentre l’insegnamento era affidato ad alcuni tra i più prestigiosi artefici del periodo: Alessandro Mazzucotelli per il ferro battuto, Eugenio Quarti e Enrico Monti per l’arredo e la lavorazione del legno, Emilio Quadrelli e Cesare Ravasco per gli insegnamenti di modellazione e plastica, Edoardo Saronni per l’oreficeria, Luigi Rossi per la decorazione murale e architettonica, Luigi Buffa per le vetrate.
Delle scuole-laboratorio e del loro percorso virtuoso “tra lavoro e pensiero” ha lasciato testimonianza letteraria Emilio Gadda nel romanzo La meccanica (iniziato nel 1928), quando a proposito dell’artigiano Luigi Pessina sottolineava come la sua giovinezza fosse trascorsa “nelle sale e nei laboratori” affacciate sui chiostri di via San Barnaba, dove “i resultati dell’insegnamento” si concretavano nei frutti operosi dell’arte: “in opere d’ogni gènere, dalle lampade di ferro battuto alla biancheria di donna; dagli stipi, dalle sèggiole, ai ricami di tavola, alla decorazione del vetro; dai lavori di cucito e di rammendo a quelli del tipografo, dello stuccatore, del vasaio, del tappezziere, del fabbro, dell’òrafo”.
L’impegno iniziale dell’istituzione, il lavoro fortemente motivato di maestri e allievi continuò nei decenni successivi grazie ad altri prestigiosi insegnanti nella continua ricerca di metodi e strumenti innovativi, contribuendo non solo al successo delle Scuole-laboratorio, ma anche a un rilancio non effimero dell’insegnamento delle arti applicate. L’attenzione dell’Umanitaria in quest’ambito continuò nel corso del Novecento con iniziative rinnovate e di sempre più largo respiro, foriere di significativi sviluppi. Tale, ad esempio, l’Esposizione Regionale Lombarda di Arti Decorative, organizzata nel 1919 all’indomani della prima guerra mondiale, come una prima rassegna periodica delle “industrie artistiche nel paese” che si può considerare all’origine delle Biennali di Monza, ovvero delle attuali Triennali di Milano.
The “art trades”: the Workshop-Schools for Art applied to Industry Ornella Selvafolta |
In order to serve its mission – provide opportunities of improvement for the poorer sections of the population – and its belief in culture as the foundation of any conscious social improvement, the Umanitaria promoted a relevant educational project that included a number of schools for further training. Within just a few years, these achieved the goal of modernizing and further qualifying the existing educational offer. The Workshop-Schools for Art applied to Industry were part of this program. Their specific feature was a focus on the renewal of methods and tools aimed at refining the technical and aesthetical skills of workers who already practiced the “art trades” in order to cultivate their taste and improve their products.
These schools resulted from careful theoretical meditations and field-based audits based on local surveys and study visits to the main European arts and crafts schools in Paris, Brussels, London, Birmingham, and Amsterdam. A modern Grand Tour that reflects the pursuit of renewed patterns and styles in the early twentieth century international culture.
The schools offered advanced courses for ornamentalist blacksmiths, cabinet-makers, inlayers, goldsmiths, chiselers, mural artists, sign painters, glass artists. The general counsel was Gaetano Moretti, a renowned architect and professor who taught both at the Politecnico di Milano and at the Brera Academy of Fine Arts, while the faculty included some of the most influential artists of the time including Alessandro Mazzucotelli, Eugenio Quarti, Edoardo Saronni, and Luigi Rossi.
Throughout the twentieth century, the Umanitaria would nurture applied arts education by promoting increasingly wide-ranging initiatives that would pioneer remarkable developments. One of these was the Regional Exhibition of Decorative Arts, organized in 1919 as the first recurring event devoted to “national art industries”, and the ancestor of the Biennial Exhibitions held in Monza, later transformed in the Triennial Exhibitions currently held in Milan.