Le donne dell’Umanitaria
A cura di Fiorella Imprenti e Claudio A. Colombo

Da sinistra: Pellegrina Pirani, Ersilia Majno Bronzini, Elisa Boschetti e Anna Fraentzel Celli
Si dice che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. E la storia della Società Umanitaria ne è palese dimostrazione, perché l’apporto dell’altra “metà del cielo” allo sviluppo, al radicamento, all’espansione dell’azione socio-culturale dell’istituzione voluta da Loria fu possibile anche grazie a tante donne, troppo spesso dimenticate.
Accanto a Maria Montessori, Linda Malnati e Alessandrina Ravizza, ci furono moltissime figure “minori” senza le quali il percorso di riscatto e di emancipazione dell’universo femminile, a Milano e altrove, sarebbe stato diverso, e più complicato.
Elisa Boschetti visse intensamente il primo quindicennio del Novecento: giornalista, saggista, attivista sociale e politica, si mosse tra socialismo, femminismo e cooperazione.
Tra le prime aderenti e sostenitrici dell’Unione Femminile, lavorò a lungo all’Ufficio indicazioni e assistenza consorziato con la Società Umanitaria.
In seguito trovò impiego all’Umanitaria come direttrice del reparto copisteria della Casa di Lavoro guidata da Alessandrina Ravizza, poi al Museo sociale e infine all’Ufficio traduzioni, recependo da quanto succedeva all’estero le linee-guida per impostare le tante battaglie per i diritti delle donne (tra cui il diritto di voto) di cui fu indiscussa e tenace promotrice.
Insieme a lei, c’era l’emancipazionista Carlotta Clerici, tra le fondatrici della sezione femminile della Camera del Lavoro di Milano e tra le prime iscritte al Partito socialista italiano. Anima del movimento femminile socialista, insieme ad Anna Kuliscioff e a Linda Malnati, la Clerici fu scelta come ispettrice di alcune scuole professionali dell’Umanitaria (come la scuola per sarti) e rappresentante dell’Ente nel Consiglio della Scuola pratica agricola femminile, diretta da Aurelia Josz.
In questo stesso ambito fu di notevole importanza l’impronta didattica data da Ida Zuecca (affiancata dalla stilista Rosa Genoni) alle Scuole Professionali Femminili, incentrate sempre “all’osservazione del vero, mai ad un manierismo privo di genialità e bellezza”. Sul versante del lavoro si distinse l’opera di Santa Volonteri (classe 1876), esponente del socialismo riformista, eletta all’inizio del ‘900 nella Commissione esecutiva della Camera del lavoro.
Fu grazie alla Scuola di legislazione sociale dell’Umanitaria (dove fu anche eletta nel Collegio dei Delegati), che Santa Volonteri divenne nel 1907 la prima Ispettrice del Lavoro italiana, rappresentando uno dei più significativi esempi della mobilità sociale offerta dalla nascente burocrazia del lavoro di età giolittiana.
La sua nomina presso il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio (MAIC) fu salutata dalla stampa socialista come un “trionfo del femminismo operaio”.
Sul versante dell’educazione, un apporto significativo fu dato da un gruppo di donne eccezionali, come Gemma Muggiani, già attiva nell’Unione femminile ed esponente di primo piano dell’Asilo Mariuccia, poi ispettrice delle Case dei bambini e delle scuole elementari rette secondo il Metodo Montessori, oppure Bambina Venegoni, collaboratrice di Alessandrina Ravizza sia alla scuola laboratorio presso l’Ospedale Sifliatrico di via Lanzone sia alla Casa di Lavoro istituita all’interno dell’Umanitaria; attorno a loro si muovevano educatrici coscienziose e determinate come Anna Fedeli, Anna Maccheroni e Lola Condulmari, la direttrice dell’asilo nel Quartiere Lombardia, scelta da Augusto Osimo per aprire a Tiblisi, subito dopo la Grande Guerra, altri analoghi istituti educativi.
Ma va anche segnalata l’opera inenarrabile di assistenza e di dedizione verso il prossimo di cui si fece promotrice Ines Crippa, di cui non si sa nulla (nemmeno Rachele Farina, nel monumentale “Dizionario biografico delle donne lombarde”, è riuscita a trovarne traccia).
Ma per l’Umanitaria fu l’anima che si fece carico della disperazione dei bambini profughi durante la prima guerra mondiale; in qualità di direttrice della casa degli emigranti, dietro la stazione centrale, li accudì, li rifocillò, diede loro la speranza di un futuro migliore, divenendo una seconda mamma per decine di bambini dispersi.
Grazie a queste donne, grazie al loro impegno, alla loro intelligenza politica e sociale, alla loro capacità di anticipare il futuro, si definì un programma diversificato a favore delle operaie, delle lavoratrici, delle adolescenti sfruttate.