Rosa Genoni

Pioniera della moda italiana, artefice di pace e di umanità

Tirano (SO), 16/06/1867 – Varese, 12/08/1954

A cura di Raffaella Podreider

Rosa Genoni
Stampa dell’epoca, De Marchi Carlo — Milano

Di umili origini, partita giovanissima da una piccola cittadina valtellinese (Tirano), Rosa Genoni ebbe una vita a dir poco straordinaria, unendo l’amore per la bellezza all’impegno per la pace e per il riscatto dei lavoratori.

La sua gavetta nel mondo delle sartorie milanesi comincia a soli nove anni come “piscinina”, ma ben presto la Genoni dimostra di avere una marcia in più: frequenta le scuole serali e poi si inscrive ad un corso di francese, la cui conoscenza è indispensabile perché, nella moda, la Francia detta legge.

Avvicinatasi ai circoli socialisti, il suo impegno non sfugge ai dirigenti del Partito Operaio Italiano, che nel 1884 le propongono di partecipare ad un Convegno internazionale sulle condizioni dei lavoratori a Parigi dove si ferma  due anni per migliorare le sue professionalità sartoriali.

Sempre interessata alla politica, dal 1893 la troviamo impegnata per il miglioramento delle condizioni delle lavoratrici: entra a far parte della “Lega Promotrice degli Interessi femminili” e poi si avvicina alle posizioni di Anna Kuliscioff, di cui sosterrà le battaglie per l’emancipazione delle donne lavoratrici e per la tutela dei minori, anche dalle colonne de “La Difesa delle lavoratrici”.

È in questo periodo che Rosa viene assunta dalla rinomata “Maison H. Haartdt et Fils”. Qui ricoprirà il ruolo di premiere e poi quello di direttrice, dando inizio ad una vera rivoluzione dello stile, dando vita ad uno stile autoctono, basato sull’arte decorativa italiana. Le sua creazioni, ispirate alle opere dei pittori rinascimentali italiani, conoscono il successo e meritano il Grand Prix della Giuria alla Esposizione Internazionale di Milano del 1906 (il celebre abito da ballo ispirato alla Primavera di Botticelli e il Manto di Corte tratto da un disegno del Pisanello, sono attualmente esposti a Palazzo Pitti a Firenze).

Scelta per i suoi meriti dalla Società Umanitaria, nel 1905 organizza la Scuola Professionale Femminile, dove tiene lezioni pomeridiane e serali di Storia del costume e dirige la sezione di sartoria, biancheria e modisteria fino al 1930, anno in cui si dimetterà per non giurare fedeltà al fascismo. Sempre per incarico dell’Umanitaria visiterà le migliori scuole professionali europee (tra cui Parigi, Berlino e Amsterdam), ne studierà i programmi, perfezionando i suoi corsi professionali, per essere sempre all’avanguardia.

Nel 1908 partecipa a Roma al Primo Congresso delle Donne Italiane esprimendo la necessità dell’affrancamento dalla Moda Francese: auspica la nascita e lo sviluppo di una Moda Italiana con l’affermazione sempre più rilevante dell’alto potenziale dell’artigianato italiano.

Grazie al suo impegno nel 1909 nasce il primo comitato promotore per una “Moda di Pura Arte Italiana”, presieduto da Giuseppe Visconti di Modrone e patrocinato da Franca Florio, dalla principessa Odescalchi e dalla duchessa Giulia Melzi d’Eril; mentre l’anno seguente promuove dalle pagine di “Vita d’Arte” il “Concorso Nazionale per un Abito Femminile da Sera. L’ex sartina di Tirano entra così di diritto nell’Olimpo della moda: parlano di lei e dei suoi modelli autorevoli testate internazionale (da Le Figaro all’edizione francese del New York Herald).

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale è sostenitrice della Neutralità e promuove la pubblicazione del periodico “Per la guerra o per la pace” ed è la fondatrice e presidente dell’Associazione “Pro Umanità”. Partecipa, unica italiana tra 1136 donne, al Congresso Internazionale Femminile dell’Aja (1915) facendo parte di una delegazione ristretta incaricata di promuovere la pace.

È collaboratrice assidua delle riviste il “Marzocco”, “Vita femminile”, “Vita d’arte” e “Lidel”.
Muore a Varese il 12 agosto 1954.