A cura di Claudio A. Colombo

M.G., il piccolo delinquente fotografato con la sigaretta in bocca
Una piaga sociale durante la Grande Guerra erano le centinaia di ragazzi sbandati che vivevano di elemosina o di espedienti, piccoli randagi che vivevano dormendo per le cascine e nei parchi, senza casa e senza morale.
Unica legge i ferri del mestiere: scalpelli, grimaldelli e coltelli, con cui si approfittavano dei passanti e delle signore della Milano bene.
Questa “marmaglia” non poteva passare inosservata ai dirigenti dell’Umanitaria che decisero di porvi rimedio, creando un organismo ad hoc: dato che per i ragazzi al di sotto dei 12 anni si provvedeva già con i Nidi, le Colonie scolastiche e le tante istituzioni di ricovero per la fanciullezza (dall’Istituto dei Derelitti all’Istituto Pedagogico Forense, dall’Associazione per la Fanciullezza Abbandonata all’Asilo Mariuccia), si decise di provvedere ai ragazzi al di sopra dei 12 anni, quelli che erano ancora senza lavoro e senza obbligo di istruzione: e così, nel 1916, sorse la “Casa di Lavoro dei piccoli” (nella pratica d’archivio è stata aggiunta, a matita blu, la parola “randagi”).
Per loro la Casa di Lavoro dei piccoli doveva diventare un ambiente sano ed istruttivo, una nuova scuola di avviamento che in pochi mesi diede risultati sorprendenti: nel complesso furono più di 150 i ragazzi traviati frequentanti, dei quali il 70% fu ridato alla vita onesta del lavoro.
Tra tutti loro spicca la storia di un ragazzo, il piccolo delinquente fotografato con la sigaretta in bocca.
Ecco la cronaca riportata dall’Avanti! dell’1° giugno 1923
“La fotografia è quella di un giovanetto, certo M. G., che è stato accolto dall’Umanitaria all’età di 12 anni, quattro dei quali già trascorsi in piena attività di servizio come borsaiuolo.
Le sue condizioni fisiche e morali erano semplicemente ripugnanti!
Affidato alle cure di una buona famiglia operaia, dette subito prova di intelligenza e di cuor generoso.
Ha frequentato assiduamente la Casa di lavoro dei piccoli, distinguendosi nella condotta, nello studio e nel lavoro”.