A cura di Paola Signorino

L’attività della Società Umanitaria sin dagli esordi si caratterizzò per il superamento dell’idea di assistenza, tradizionalmente intesa, per affermare invece la necessità di mettere le persone bisognose nelle condizioni di “rilevarsi da sé medesime” e cioè offrire gli strumenti per il superamento delle condizioni di indigenza: istruzione, uffici di collocamento, opuscoli informativi ecc.
Anche nel far fronte all’emergenza causata dall’enorme afflusso di profughi a Milano all’indomani della disfatta di Caporetto l’Umanitaria non venne meno ai propri principi. Se, infatti, nei primissimi giorni si trattò di offrire assistenza a masse di persone disperate, fuggite dalle proprie abitazioni a causa dell’avanzata austriaca, ben presto si fece strada la necessità di strutturare l’opera di assistenza offrendo una serie di servizi che potessero offrire ai profughi alcuni strumenti di sussistenza.
Fin dallo scoppio della guerra europea (estate 1914), l’Umanitaria mise a disposizione tutti i servizi della Casa degli Emigranti per accogliere migliaia di lavoratori che rimpatriavano dai paesi coinvolti nel conflitto. Al momento dell’ingresso in guerra del nostro paese, e in occasione dell’offensiva austriaca sull’altipiano di Asiago, ci si attrezzò per accogliere i nuovi profughi. Ma fu naturalmente dopo Caporetto che si dovette far fronte ad una autentica emergenza umanitaria: nell’arco di due mesi – tra l’ottobre e il dicembre 1917 – l’Umanitaria diede assistenza a più di 60.000 profughi. La Casa degli Emigranti, presso la Stazione Centrale, venne attrezzata per ospitare migliaia di persone di passaggio (pasti caldi, giacigli, vestiti vennero forniti a migliaia); una prima forma di assistenza sanitaria venne garantita dal servizio medico, si approntarono appositi spazi per i bambini, molti dei quali giungevano a Milano separati dalle proprie famiglie (se ne contarono circa 400).


Tuttavia, oltre a fronteggiare l’emergenza, l’Umanitaria (guidata dal senatore Luigi Della Torre) si preoccupò di allestire alcuni servizi in grado di permettere ai profughi di ricongiungersi con le proprie famiglie e poter trovare lavoro. Furono quindi fondamentali l’Ufficio di Ricerche e Informazioni, il quale provvide anche alla pubblicazione di un foglio periodico (“L’Umanitaria per i profughi”), e – di fondamentale importanza – l’Ufficio di collocamento per profughi: molti di loro, infatti, manifestarono il desiderio e il bisogno di poter provvedere alle proprie famiglie grazie ad un lavoro, per non pesare sulla beneficenza cittadina. Infine, vanno ricordati gli Asili e le scuole per i piccoli e l’ospitalità offerta presso la Villa Reale di Monza, che il sovrano aveva concesso in uso al Comune di Milano, dove trovarono alloggio circa 300 profughi, adulti e bambini: la gestione dei profughi venne affidata all’Umanitaria.
Naturalmente, questo enorme sforzo di aiuto e assistenza si svolse in collaborazione con l’amministrazione comunale, che creò un apposito Ufficio, l’Ufficio III del Comitato Centrale di assistenza per la guerra, in cui vennero coinvolte – insieme all’Umanitaria – moltissime altre istituzioni cittadine (Unione Femminile, Asilo Mariuccia, Camera del Lavoro, Opera Bonomelli, ecc.), disponendo di centinaia di volontari e volontarie.