Giovan Battista Alessi

Dal pensiero all’azione

1837—1911

Giovan Battista Alessi
Avvocato, Presidente della Società Umanitaria dal 1902 al 1911

Quando (era il 3 gennaio 1902) era stato nominato Presidente della Società Umanitaria, al termine di una lunga battaglia legale dopo il decreto di scioglimento imposto nel 1898 dal generale Bava Beccaris, l’avvocato Giovan Battista Alessi non era più un giovincello: aveva sessantaquattro anni.
Ma il peso degli anni non l’aveva mai spaventato, tutt’altro.

Sotto la sua Presidenza, incarico che mantenne ininterrottamente fino a metà novembre del 1911 (la morte era sopraggiunta il 14 novembre, quando si trovava nella villa di famiglia a Tregnago, sulle colline veronesi), G.B. Alessi – ne sintetizzava l’opera Riccardo Bauer, l’uomo che avrebbe guidato l’Umanitaria tra il 1954 e il 1969 – “contribuì con vigorosa ed oculata opera alla affermazione della Istituzione quale originale organismo di iniziativa sociale”.

Affiancato da uomini e donne di assoluta professionalità (da Cesare Saldini a Giovanni Montemartini, da Angiolo Cabrini ad Alessandro Mazzucotelli, da Alessandrina Ravizza a Luigi Majno, da Maria Montessori a Luigi Della Torre, da Filippo Turati a Rosa Genoni, da Massimo Samoggia ad Augusto Osimo), potremmo dire che Alessi ebbe gioco facile, ma non corrisponderebbe a verità.

In quegli anni, la composizione del Consiglio Direttivo dell’Umanitaria non era omogena, era piuttosto frammentata in numerosi partiti e ideologie, e solo grazie al suo acume, alla sua mediazione, alla sua perspicacia, questo Ente seppe mantenere “la barra a dritta” e puntare a quelle imprese sociali, culturali, educative che ne avrebbero contraddistinto l’opera, anche dopo la sua scomparsa.

Lo spiegava bene la rivista dell’Ente, L’Umanitaria, nel lungo e articolato ricordo apparso nel numero del dicembre 1911: “Aveva assunto l’ufficio di Presidenza quando la nostra Istituzione era ancora un’aspirazione, un programma, un proposito, e l’aveva tenuto lungo tutto il periodo laborioso di studio, di preparazione, di ordinamento, lasciandolo quando, assestati i suoi istituti ormai giunti alla vita normale del loro pieno sviluppo, l’Umanitaria nella sua proteiforme attività, nell’armonico accordo dalle sue opere diverse è ormai diventata il laboratorio, la forza fecondatrice delle aspirazioni, dei propositi intesi a dare, con l’ausilio delle volontà associate dei lavoratori, elevazione intellettuale, morale, economica ai diseredati.

Le più diverse idee, connesse con concezioni diverse della vita sociale e dei bisogni degli umili e delle finalità del movimento operaio, accolse ed apprezzò, contemperandole in guisa da farne elemento stimolatore ed alimentatore di una azione varia ed armonica insieme, come è quella dell’Umanitaria, che unisce al lenimento immediato delle miserie dei diseredati, lo stimolo alle forze associative, l’instrumento per il perfezionamento tecnico, intellettuale e morale dei lavoratori. Già vecchio d’anni, mantenne sempre vivida, giovanile la fede; non restò mai arretrato, fu sempre giovanissimo coi giovani. Ogni nuova idea fu accolta con simpatia, purché la sua attuazione conducesse a rialzare, a rafforzare, a rinvigorire il lavoratore, a suscitargli la forza e la speranza nel suo elevamento. Difese la Casa di lavoro, ma volle anche la Casa del Popolo e il Teatro del Popolo, dedicò cure amorose agli Uffici di collocamento per il personale femminile e alla Cassa di sussidio alla disoccupazione, ma confortò del suo consiglio e del suo contributo intellettuale il movimento cooperativo, gli uffici d’emigrazione [e la Casa degli Emigranti, n.d.r.], le opere di difesa e di miglioramento per i lavoratori dei campi”.

Insomma, G.B. Alessi fu l’uomo giusto al momento giusto, contribuendo a fare dell’Umanitaria “un’opera pubblica di straordinario valore”.
Questo fu il suo grande merito, documento della purezza, della nobiltà delle sue aspirazioni e della sua opera, della modestia del suo carattere, elemento di stimolo e di conforto per tutti i collaboratori di un organismo che per tanti anni (almeno fino al fascismo) non ebbe rivali sul territorio italiano.