La sezione di Verona

A cura di Claudio A. Colombo

Il 29 dicembre del 1907, per volontà dell’Assessore al lavoro, l’avvocato Sirio Caperle, veniva istituita la Sezione di Verona della Società Umanitaria, di cui fu Presidente per molti anni l’avvocato Dante Casalini. La Sezione vedeva la luce in piazza Erbe, ma già un anno dopo veniva spostata a poche centinaia di metri dalla maestosa Arena, nel Palazzo Gran Guardia, in Piazza Bra 1, nello stesso palazzo dell’amministrazione civica: segno di una considerevole vicinanza ideale e progettuale.

Siglato un accordo di programma con il Comune di Verona, col Segretariato dell’Emigrazione e la locale Camera del lavoro, vennero individuati gli ambiti di intervento della Sezione veronese: disoccupazione e collocamento, emigrazione ed assistenza (scuole per emigranti, assistenza legale, propaganda), istruzione (ricreatori, biblioteche, Teatro del Popolo), di modo che la sezione veronese potesse trasformarsi in “una scuola di giustizia sociale” (analoghi interventi erano realizzati dalla sede di Padova, istituita nel 1908).

Il primo anno di attività venne utilizzato per creare sinergie con istituzioni cittadine (riuscendo ad ottenere un finanziamento della Cassa di Risparmio) e della provincia, in modo da estendere il più possibile l’azione della sede: si procedette alla nomina di medici, ragionieri ed avvocati per l’applicazione della legislazione operaia, si istituì un ufficio di collocamento (376 domande di lavoro, 173 di mano d’opera e 76 collocamenti nel primo anno), si fece un’inchiesta sulle emigrazioni operaie nel Basso veronese, si provvide al funzionamento dell’ufficio di consulenza legale per i poveri, a cui presto si aggiunse anche un Ufficio medico-legale per infortuni sul lavoro e vertenze legali per operai, assicurando il medesimo servizio anche alle cooperative della zona.

Ma soprattutto si iniziò il lavoro per costituire l’Università Popolare, che rappresentò fino alla chiusura della sede (1924) sostanzialmente l’attività più significativa, organizzando decine di conferenze all’anno (tra i partecipanti Gaetano Salvemini, Savino Varazzani, Renato Simoni, Giacomo Orefice) e raggiungendo 1.300 soci nel 1922.

Un dato di fatto segnò la sua esistenza: l’indifferenza delle autorità: “non è confortante rilevare che, nonostante molti Enti cittadini e la quasi totalità dei Comuni della Provincia siano i primi a risentire dei benefici effetti dell’opera dell’Umanitaria, alleviandoli di un lavoro non indifferente, essi non hanno ancora riconosciuto la necessità di concorrere e mantenere in vita la nostra Sezione”. Il modus operandi della sede centrale era infatti univoco: si poteva sussidiare ogni sede, purché ogni sede trovasse nel suo territorio la rispondenza (finanziaria) per provvedere ai bisogni che andavano affrontati.

Oltre alle attività educative (i cui introiti permisero sempre la sussistenza della sede), nei primi mesi del conflitto europeo vanno segnalate le centinaia di pratiche seguite per assistere i nostri connazionali all’estero (con i Consolati di Zurigo, Nancy, Colonia e Dortmund, con il Segretariato operaio di Innsbruck, con il Segretariato dell’Emigrazione di Lucerna), per recupero indennità infortuni, per ottenere passaporti, per risoluzioni controversie, per sussidi disoccupazione, per ricerche di persone, per evitare che la pratica del krumiraggio comportasse sgradevoli procedimenti nei confronti dei nostri emigranti.

L’attività della sede cominciò a ridursi dopo il 1922, quando l’Umanitaria venne delegata per l’Opera contro l’analfabetismo nel Veneto.