1955: Quel discorso di Calamandrei

1955: Quel discorso di Calamandrei
Franco Morganti
 Italiano

Nel 1955 un gruppo di studenti universitari e medi di Milano organizzò un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana, inaugurato e concluso da Piero Calamandrei, a cui parteciparono, come docenti, illustri giuristi italiani come Peretti Griva, Paolo Barile, Umberto Segre. Animatori dell’iniziativa furono anche Giuliana Gadola, una partigiana milanese, donna di grande cultura e Riccardo Bauer, presidente dell’Umanitaria, che concesse gratuitamente la sede, il Salone degli Affreschi della stessa Società Umanitaria.
Questo gruppo di giovani era di una generazione che aveva vissuto la guerra da ragazzi, all’interno delle loro famiglie, di opinioni politiche anche contrastanti: giovani che all’indomani della Liberazione cercavano anche di orientarsi nell’Italia repubblicana, così diversa dal paese dei loro genitori. La scuola purtroppo non dava loro gli strumenti culturali per capire e certi argomenti, come la Costituzione, erano addirittura tabù, a qualcuno sembravano di parte. Ed erano tempi, a dieci anni dalla Liberazione, in cui già si parlava di “Resistenza tradita”.
Il ciclo di conferenze sulla Costituzione destò a Milano grande interesse, anche per la straordinaria qualità dei docenti, primo fra tutti Piero Calamandrei, dotato di straordinaria eloquenza, capace di catturare l’attenzione suscitando frequenti applausi. Calamandrei iniziò la sua conferenza il 26 gennaio traendo dagli articoli iniziali della Costituzione le prime riflessioni: dall’art. 4 il fatto che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto all’istruzione, dall’art. 3 il compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli che vi si frappongono.
Calamandrei spiegò che la nostra Carta era in parte una realtà, in parte un programma, un lavoro da compiere affidato ai giovani, “perché la libertà è come l’aria: si capisce quanto valga quando viene a mancare”. E questa è la carta “della vostra libertà”, per rendersi conto che non si è soli, ma siamo parte di un tutto: l’Italia e il mondo. Guai a cadere nell’indifferenza alla politica, l’indifferentismo.
Calamandrei concludeva dicendo che dietro gli articoli della Costituzione “ci sono giovani come voi fucilati, impiccati, portati a morire in campi di concentramento. Questa non è una carta morta, ma il testamento di 100.000 morti per la libertà. Se volete andare in pellegrinaggio dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne, nelle carceri, nei campi, dovunque è morto un italiano per riscattare la nostra libertà, perché è lì che è nata questa nostra Costituzione.”
Quanto dobbiamo a Piero Calamandrei per questo discorso che ha scosso le nostre coscienze? Tanto, tantissimo. Ancora oggi, a quasi sessant’anni da quell’evento, quando entriamo nello stesso Salone degli Affreschi, siamo colpiti ricordando la forza di quelle parole, quell’oratoria attraente ma mai retorica, quella cultura giuridica ma non cattedratica, quell’approccio umano alla scienza e alla politica.

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1955. The Famous Speech by Calamandrei
Franco Morganti
english

In 1955 a group of Milanese students organised a cycle of lectures on the Italian Constitution, with Piero Calamandrei giving the inaugural and closing lectures. Among the most important figures behind the initiative were Giulia Gadola, a Milanese partisan, and Riccardo Bauer, the President of the Società Umanitaria. This group of young people, of whom I was one, belonged to the generation that had lived through the war as children, in families with different, and sometimes contrasting, political backgrounds.
We were trying to find our way in the newly-formed Republic, so different from the Italy that our parents had known. Schools did not provide us with the cultural tools we needed in order to understand, and some topics, such as the Constitution, were practically taboo.
The cycle of lectures on the Constitution aroused great interest, especially in view of the quality of the lecturers, in the first place Piero Calamandrei, an eloquent speaker able to hold the audience’s attention. Calamandrei began his lecture on 26 January with his reflections on the first articles of the Constitution. He pointed out that according to Article 4, anyone who is capable and deserving, even if lacking in means, has the right to education; according to Article 3, the Republic has the duty to remove whatever may hinder this right.
Calamandrei explained that our Charter was partly reality, partly a plan, a task to be entrusted to the young, “because freedom is like air: you understand it’s value when you no longer have it”. And he concluded by saying that behind the articles of the Constitution “there are young people like you who were shot, hanged, deported to die in concentration camps. This is not a dead document but the witness of 100,000 people who died in the name of freedom”.
What do we owe to Piero Calamandrei for this speech that so shook our consciences? We owe him a great deal. Even today, sixty years after his address, when we enter the imposing Salone degli Affreschi, the power of his words still strikes us, his compelling oratory that is never rhetorical, his legal culture that is never dogmatic, his human approach to science and politics.